Friday, November 27, 2009

Dubai bye bye? -2

Oggi radio, tv, quotidiani di carta o online, tuttologi di tutte le latitudini e longitudini, politici di ogni orientamento, analisti ed economisti delle più diverse scuole di pensiero, ci hanno inondato di notizie, analisi e spiegazioni di quello che è successo in Dubai. Ci sarebbe da chiedersi dove erano prima, quando volevano farci credere al miracolo del paese dove il Sole non tramonta mai.

Lo so che la mia è una domanda retorica, che erano impegnati a costruire fortune di sabbia con il gioco di Ponzi, ad osannare le meraviglie della finanziarizzazione globale, il sistema dell'economia di carta, del consumo basato sul debito, delle matrioske impacchettate dentro altre matrioske, per cui se non si sono accorti che era in arrivo la Grande Recessione, figuriamoci se potevano prevedere il crack di Dubai World e se ora possono spiegarci il vero perchè di tutto questo e che cosa succederà anche solo domani.

Eppure proprio lo sceicco Mohammed bin Rashid al-Maktoum l'aveva confessato candidamente di aver imparato da Las Vegas il segreto per costruire il suo paradiso artificiale. E questo vale per Dubai come per qualsiasi altro dei Gran Casinò a cielo aperto che abbiamo imparato a riconoscere nel nostro lungo viaggio in questa crisi senza fine. Paese che vai, Dubai che trovi, tanto per dire anch'io una stronzata come le tante sentite oggi.

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Thursday, November 26, 2009

Dubai bye bye?

Crollo delle borse europee sulle voci di un default dell'emirato arabo. Una prima stima quantifica in 40 miliardi l'esposizione delle banche europee. Esposte anche numerose società italiane (lista alla quale va aggiunta anche la Impregilo). E pensare che solo pochi giorni fa il nostro premier in persona si era mosso alla volta di Dubai City accompagnato dal fido Scajola per sottoscrivere importanti accordi commerciali e trovare finanziatori per il suo Milan.....

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Virtus in medium est?

Tra chi teorizza più stimoli e quindi più spesa pubblica (come Paul Krugman) per non cadere in una ripresa senza occupazione (anticamera di una nuova e più profonda recessione) e chi terrorizza la gente con l'incubo del deficit pubblico e dell'inflazione e afferma la necessità da subito di una "exit strategy", si colloca l'economista ed editorialista del Financial Times, Martin Wolf.

Il primo prende lo spunto dai verbali del board dei governatori della Federal Reserve in cui viene prevista una discesa della disoccupazione molto lenta — ancora sopra il 9% alla fine del 2010, sopra l' 8% alla fine del 2011, intorno al 7% alla fine del 2012. L'inflazione nel frattempo viene prevista considerevolmente sotto il target della Fed, cioè sotto il 2%. Secondo Krugman quindi tra tre anni a partire da ora noi saremo ancora nella trappola della liquidità, con nessuna ragione per alzare i tassi sopra lo zero e la necessità di continuare una politica di quantitative easing e di espansione fiscale.

Martin Wolf non nasconde che un debito fuori controllo rappresenti un grave problema e che occorrerà fare qualcosa. Nondimeno ridurre nettamente i deficit adesso sarebbe sbagliato. È estremamente probabile infatti che farlo possa voler dire respingere le economie nella recessione, come accadde in Giappone negli anni 90. Cosa occorre fare allora? Continua a leggerlo qui.

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Il significato del Thanksgiving Day

L'euro arriva a quota 1,5084 sul dollaro e ovviamente Wall Street sale. Oggi la borsa americana è chiusa per il giorno del Ringraziamento. L'idea non è mia, ma almeno il video è in italiano.

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Wednesday, November 25, 2009

Effetti collaterali

Toh, anche la Fed si è accorta che a forza di stampare denaro e inondare i mercati di liquidità si rischia di alimentare la bolla dei mercati finanziari. E' quanto risulta dai verbali dell'ultima riunione (3-4 novembre) del Federal Open Market Committee (FOMC), il board dei governatori della Federal Reserve. Nel linguaggio paludato ed asettico che si confà a tali consessi leggiamo infatti:

Members noted the possibility that some negative side effects might result from the maintenance of very low short-term interest rates for an extended period, including the possibility that such a policy stance could lead to excessive risk-taking in financial markets or an unanchoring of inflation expectations. While members currently saw the likelihood of such effects as relatively low, they would remain alert to these risks.

Già, i membri (del board) hanno sottolineato la possibilità che qualche effetto collaterale negativo potrebbe derivare dal mantenimento per un esteso periodo di tempo di bassissimi tassi d'interesse a breve termine, inclusa la possibilità che una tale politica potrebbe condurre a un eccessiva propensione al rischio sui mercati finanziari o a dare il via ad aspettative inflazionistiche. Mentre i membri attualmente ritengono la probabilità di tali effetti ancora relativamente bassa, rimangono tuttavia all'erta nei confronti di questi rischi.

All'erta sto. Questo è quanto. In fondo nulla è cambiato dai tempi di Greenspan che con i suoi occhialini non riusciva a vedere bolle e quando le vedeva teorizzava che si dovessero sgonfiare da sole. Cambiano gli interpreti ma la musica rimane sempre la stessa. Lasciate ogni speranza o voi che credevate che nulla sarebbe stato come prima e che questa crisi avrebbe costretto il sistema ad autoriformarsi.

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Tuesday, November 24, 2009

Contrordine compagni (di merende)

Come c'era da aspettarsi, il dato della crescita nel terzo trimestre negli Stati Uniti è stato rivisto al ribasso, e non di poco. Alla fine di ottobre il Bureau of Economic Analysis (BEA), aveva dato il Pil americano in crescita del 3,5%, ma oggi ci fanno sapere che avevano scherzato: la crescita è del 2,8%. Magra consolazione, gli economisti avevano previsto un 2,7%, così, tanto per poter dire che la revisione è al di sopra delle attese.

Quali le cause della prevedibile defaillance? Un più ampio deficit commerciale e una più bassa spesa dei consumatori rispetto a quanto precedentemente previsto. Ormai l'argomento è trito e ritrito ed io non ho nulla da aggiungere rispetto a quanto scritto qui e soprattutto qui: quale ripresa se aumentano i disoccupati, diminuiscono i consumi e la crescita si basa in massima parte sugli stimoli del governo?

Quando venne fuori il precedente dato del 3,5%, accolto dall'entusiasmo scomposto degli inguaribili ottimisti, Paul Krugman ammonì che anche se la crescita fosse continuata a quel tasso non avremmo visto niente di simile alla piena occupazione se non alla fine del secondo mandato di Sarah Palin.... Con i nuovi numeri, dice oggi Krugman, la data alla quale potremo vedere il ritorno della piena occupazione è... mai.

Intanto Wall Street piange lacrime di coccodrillo, ma vedrete che domani, digerito l'amaro boccone, riprenderà a correre come se niente fosse. Tanto ci sarà sempre qualche dato al di sopra delle attese da propagandare per continuare a gonfiare la bolla.

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Underwater

Il mutuo residuo di quasi il 25% (oltre 10 milioni e mezzo) dei proprietari di case negli Stati Uniti, 1 su 4, è inferiore al valore dell'immobile. Questa è la nuda e cruda verità che minaccia ogni speranza di una ripresa sostenibile del mercato immobiliare, appena mitigata dal balzo del 10% nel mese di ottobre nella vendita di case esistenti, frutto dei prezzi stracciati delle aste conseguenti alle procedure di esproprio (foreclosure) e della proroga degli incentivi governativi per l'acquisto della prima casa.

These so-called underwater mortgages pose a roadblock to a housing recovery because the properties are more likely to fall into bank foreclosure and get dumped into an already saturated market. Economists from J.P. Morgan Chase & Co. said Monday they didn't expect U.S. home prices to hit bottom until early 2011, citing the prospect of oversupply.

Home prices have fallen so far that 5.3 million U.S. households are tied to mortgages that are at least 20% higher than their home's value, the First American report said. More than 520,000 of these borrowers have received a notice of default, according to First American.

I cosiddetti mutui underwater (sott'acqua) costituiscono un blocco alla ripresa immobiliare in quanto è più probabile che quelle proprietà incappino nelle procedure di esproprio attivate dalle banche e vadano ad alimentare un mercato già saturo. Alcuni economisti della J.P. Morgan hanno dichiarato che non si aspettano che i prezzi delle case tocchino il fondo prima dell'inizio del 2011, come dimostra l'incremento dell'inventario delle case invendute.

I prezzi delle case sono caduti così in basso che 5.3 milioni di americani sono legati a mutui almeno del 20% superiori al valore della casa e più di 520 mila di questi debitori hanno ricevuto una notifica di insolvenza.

Ma le cose potrebbero essere messe anche peggio di quanto mostrato dai dati della società di real estate che ha sfornato questa ricerca, la First American, che ha usato una nuova metodologia di raccolta dei dati. In base al vecchio sistema la quota dei debitori underwater sarebbe del 33.8% nel terzo trimestre!

Crescono i disoccupati, crescono i debitori underwater, crescono le insolvenze, crescono le foreclosure, e crescono anche le borse, ma di questo non c'è da meravigliarsi. Non guardate alle borse, ammonisce Taleb. Il peggio è alle spalle? Si, underwater, come gli squali.

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Monday, November 23, 2009

Italia, esempio per gli Stati Uniti!

E' da un po' di tempo che sul blog di Paul Krugman compaiono dei post nei quali l'economista cerca di porre un freno all'isteria dilagante sul debito pubblico. In uno degli ultimi aveva anche pubblicato il grafico qui sotto, nel quale metteva a confronto il rapporto tra il debito netto e il Pil (GDP) di Belgio, Italia, Giappone e ovviamente Stati Uniti.


Krugman ci ritorna sopra perchè molti lettori gli chiedono per quale motivo mette a confronto con gli Stati Uniti paesi che si trovano nei guai, ma questa volta esagera. Questo è il punto, dice, e aggiunge: "il Belgio è politicamente debole a causa della divisione linguistica; l'Italia è politicamente debole perchè è l'Italia. Se questi paesi fanno crescere i debiti oltre il 100 per cento del Pil senza essere massacrati dai 'bond vigilantes', vuol dire che anche noi possiamo".

Già pronto il prossimo spot del governo italiano con Krugman come testimonial: in marcia verso un futuro radioso grazie al debito. What else?

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Friday, November 20, 2009

Cromosoma b

Phastidio.net dedica due articoli (leggi qui e qui) all'accordo sugli esodi incentivati firmato tra la Banca di Credito di Roma, Federlus (federazioni delle Bcc del Lazio, dell’Umbria e della Sardegna) e le sigle sindacali del credito Fabi, Fisac-Cgil, Fiba-Cisl, Uilca, Sincra-Ugl.

L’intesa, che entrerà in vigore a gennaio del 2010, sarà valida fino al 31 dicembre 2012 ed interesserà circa 76 lavoratori dell’azienda, prevede una serie di incentivi per i dipendenti che sceglieranno di andare in prepensionamento. In alternativa ai quali – informa una nota della Fabi – si potrà scegliere di far entrare in banca al proprio posto un figlio o un parente fino al terzo grado.


Non si può non condividere la dura reprimenda che l'autore sviluppa soprattutto nel primo articolo, ma lasciatemi almeno precisare che non si tratta affatto di un accordo "bizzarro", almeno non nel senso di "non comune", perchè qualcosa di simile e forse anche più in grande stile hanno già fatto in Intesa Sanpaolo, Banco Popolare, Ubi Banca e Monte Paschi Siena.

Più che legittimo dunque il sospetto che "per lavorare in una banca italiana non servono in realtà competenze diverse dal conformismo e dall’acquiescenza". Né sarebbe sorprendente se qualche banca oltre i curricula pretendesse anche i pedigree.

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Thursday, November 19, 2009

Misteri di Wall Street

Le borse oggi si tingono di profondo rosso. Non sarà mica per i dati settimanali sulla disoccupazione negli Stati Uniti il cui trend rimane costantemente sopra le 500 mila richieste di sussidio e le stime della precedente settimana sono state riviste al rialzo (da 502 mila a 505 mila)? O perchè il report odierno della MBA segnala un incremento record delle insolvenze e delle foreclosure nel terzo trimestre del 2009 che colpisce il 14,4% dei mutui casa già in essere e rappresenta un incremento pari al 13,2% rispetto al secondo trimestre?

Suvvia, beata innocenza, queste non sono le notizie che possono affossare le borse drogate di questi mesi. Là dove non poterono i soliti pessimi dati economici, riuscì, secondo il Wall Street Journal, un oscuro analista di Bank of America Merrill Lynch che ha declassato otto aziende produttrici di microchip, incluso il colosso Intel, facendo crollare le loro azioni all'apertura di Wall Street. Misteri del silicio, o piuttosto onnipotenza delle big bank che manipolano a loro piacimento i destini dei mercati? Ai sopravvissuti l'ardua sentenza.

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Wednesday, November 18, 2009

L'oracolo immobiliare

"Il mercato immobiliare si sta stabilizzando e migliorerà ancora nei prossimi mesi" diceva solo pochi giorni fa Ben Bernanke. Come nel caso di altre sue previsioni gli ultimi dati reali si assumono l'incarico di smentirlo nuovamente.

A ottobre negli Stati Uniti i nuovi cantieri per l'edilizia abitativa hanno segnato un calo del 10,6%, con un consensus che prevedeva invece un incremento dell'1,7%, una vera debacle delle aspettative!

Sorpresi solo gli inguaribili ottimisti e chi crede in una ripresa immaginaria, con la disoccupazione in aumento e un mercato immobiliare sostenuto solo dagli incentivi governativi. Avanti, c'è posto!

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Tuesday, November 17, 2009

Ipertitoli

Non credo che Taleb, quando prevede iperinflazione se i governi continueranno a stampare denaro, si riferisca all'oggi o all'immediato futuro. Mi sembra riduttivo sintetizzare la sua opinione, come ha fatto il Corriere della Sera, in un titolo che enfatizza un solo concetto, espresso tra l'altro in una battuta lapidaria, tralasciando i contenuti ben più ampi dell'intervista, nella quale sviluppa altri tre concetti fondamentali:

1) La crisi è soltanto all'inizio
2) Nulla è cambiato, nulla è stato fatto per evitare una nuova crisi
3) Non ci sarà ripresa con una disoccupazione crescente e quindi senza un aumento del livello dei consumi.

Modestamente avrei aggiunto che non sarà possibile una ripresa senza una soluzione della crisi immobiliare e del problema delle foreclosure ma non è possibile avere tutto da una semplice intervista.

Al momento quanto questa ripresa sia virtuale e fragile ce lo confermano gli ultimi dati che mostrano negli Stati Uniti bassa inflazione e un rallentamento della produzione. L'indice dei prezzi alla produzione dei beni al consumo è salita in ottobre dello 0,3% su base stagionale, mentre era attesa una crescita dello 0,6% e la produzione industriale nello scorso mese è cresciuta di un niente, lo 0,1%, mentre il consensus era di 0,3%, ben tre volte tanto.

Ora, credete di più alle previsioni di chi in passato non ne ha mai azzeccata una o a quelle di un Cigno Nero?

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Monday, November 16, 2009

Taleb: la crisi è soltanto all'inizio

Nassim Nicholas Taleb intervistato dal Corriere della Sera

L' economia europea che torna a crescere? Le Borse internazionali che da marzo a oggi hanno recuperato il 60%, in certi casi il 100%? A queste domande Nassim Nicholas Taleb risponde con una risata: «Altro che uscita dalla crisi - taglia corto -. In realtà la crisi è soltanto all' inizio». E se gli si chiede come mai molti grandi banchieri d' investimento usano la sua teoria del «cigno nero» per spiegare quanto è accaduto, allora lui raddoppia la risata: «Il cigno nero indica eventi assolutamente inimmaginabili e con conseguenze estreme - dice -. Qui, invece, tutto era più che prevedibile. È come se un autista di bus si mettesse una banda nera sugli occhi e continuasse a guidare senza poter vedere la strada. È ovvio che prima o poi provoca un incidente. Così hanno fatto i capi di banche d' affari, di hedge fund, di private equity. Con governi, authority, organismi di controllo che hanno chiuso entrambi gli occhi».

Proprio «Il cigno nero» (in originale «The black swan: the impact of the highly improbable») è il titolo del suo libro più famoso, con oltre due milioni di copie vendute e traduzione in 31 lingue. Ma c' è anche un altro testo, «Fooled by randomness», che gli ha dato grande fama. Fino al 2004 Taleb ha vissuto da protagonista nel mondo della finanza, compresi i prodotti derivati oggi sotto accusa, con ruoli di primo piano in Ubs, Crédit Suisse First Boston, Bankers Trust. Ora è docente all' istituto politecnico della New York University e alla business school della Oxford University. Ed è uno degli studiosi più ascoltati dalla comunità economico-finanziaria internazionale. In questi giorni si trova a Milano, dove domani a Palazzo Visconti (ore 18) parlerà di «Come vivere in un mondo che non comprendiamo» in una conferenza organizzata dall' Istituto Bruno Leoni. Non andrà invece al World Economic Forum di Davos, dove lo scorso gennaio era stato accolto come una rock star: «Ci sono stato solo una volta - dice - e non ho più voglia di sentire tutte quelle inutili chiacchiere».

Professor Taleb, il rally delle Borse in questi mesi è un indice di ritrovata fiducia o il sintomo di una nuova bolla?

«Si ricorda di Jerôme Kerviel, il trader di Société Générale che ha mandato in fumo in un solo colpo 5 miliardi di dollari? Quel giorno le Borse sono crollate di oltre il 10%. Meglio insomma non fare molto affidamento su quanto succede sui mercati azionari».

Dopo il crac di Lehman Brothers tutti hanno detto che niente sarebbe più stato come prima, che la finanza mondiale sarebbe cambiata. Vede segni di mutamento?

«Nessuno. I super-bonus, i rischi azzardati, i derivati: tutto come prima. Ma rispetto a un anno fa solo in America sei milioni di persone hanno perso il lavoro».

Le indicazioni del Financial Stability Board, così come i progetti per riformare il sistema finanziario e accrescere i poteri delle authority di controllo porteranno maggiore stabilità?

«Io non ci credo».

Cosa dovrebbero fare i governi e le banche centrali?

«Nell' attuale situazione i governi non possono fare altro che continuare a stampare denaro. E la conseguenza sarà l' iper-inflazione».

Un problema serio.

«Molto serio».

Finirà mai l' era delle banche e delle aziende «too big to fail», troppo grandi perché i governi possano lasciarle fallire?

«Per riportare realismo nel sistema ci vorrebbero azioni estremamente aggressive per ridimensionare le grandi banche. Ma non vedo in giro niente di tutto questo».

Perché dice che la crisi è soltanto all' inizio?

«Questa non è una recessione come le precedenti. Altri milioni di posti di lavoro svaniranno. La gente consumerà meno. Per misurare i costi della crisi dovremo calcolare l' intero ammontare delle mancate spese da parte delle persone, in America come nel resto del mondo».

Insomma, non crede proprio a una ripresa dell' economia?

«Per ora sono solo illusioni. Per poter parlare di ripresa andrebbe prima ripulito l' intero sistema, innanzitutto attraverso la totale conversione dei debiti in capitale. La fine della crisi arriverà solo quando il rapporto fra debito e prodotto interno lordo tornerà quello degli anni ' 80, soprattutto negli Usa. E parlo di debiti delle persone come delle imprese. Ma in ogni caso, livelli di consumo come abbiamo visto in questi anni non sono affatto sostenibili».

Va rivisto anche il concetto di globalizzazione?

«Va innanzitutto ridimensionato. E trovo davvero bizzarro il fatto che i governi parlino di "free trade" e di "free banking" e poi corrano a salvare con denaro pubblico le grandi banche e aziende a rischio di fallire. Qualche giorno fa parlavo con l' amministratore delegato di PepsiCo e lui mi diceva di quanto è necessaria la collaborazione fra il governo e la sua azienda. È una logica perversa. I governi devono semmai dialogare con le piccole imprese, non con le grandi. Quelle possono badare a se stesse, hanno più poteri degli stessi governi. E se devono fallire, che falliscano».

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Saturday, November 14, 2009

Fischi per fiaschi

Simpatico siparietto tra Paul Kedrosky e Barry Ritholtz.

Paul Kedrosky esprime in questo post il suo ricorrente disagio di fronte agli esercizi del tipo "stabiliamo il valore della cosa X espresso in termini di un bene Y" (provocatoriamente esclama "fissiamo allora il prezzo degli yo-yo in manguste!"). "Se supponessimo di fissare un prezzo di X in un bene Y, X sarebbe prezzato nel bene Y, ma questo non è poi di così grande utilità", dice Kedrosky, fornendo un grafico che misura l'indice Dow Jones in oro a partire dal 1900.

Gli risponde a stretto giro di posta Barry Ritholtz con un grafico del prezzo dell'oro espresso in ...oro. La cosa è terribilmente sospetta, dice fra sè e sè Kedrosky: ci deve essere qualcosa di oltraggioso in questo grafico, ma dove?

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Wednesday, November 11, 2009

Donne che si dissociano

Ha avuto scarsa eco sulla stampa italiana il primo discorso di Angela Merkel nella veste di capo del nuovo governo davanti al parlamento tedesco. Si fa fatica a trovarne notizia anche nelle Agenzie stampa. Non sarà mica perchè la cancelliera è andata controcorrente rispetto ai fiumi di ottimismo dispensati negli ultimi tempi da economisti embedded e capi di governo?

La cancelliera tedesca ha infatti affermato che l'apice della crisi colpirà la locomotiva dell'Europa nel 2010 e che i problemi, soprattutto la disoccupazione, peggioreranno prima di migliorare, tanto che il governo tedesco si prepara a rimpinguare il fondo di salvataggio e a tagliare le tasse per sostenere la debolissima crescita economica.

Ci voleva una donna concreta e coraggiosa per dire come stanno realmente le cose, uscendo fuori dal coro di quelli che "è partita la ripresa" e "il peggio è alle spalle". Come pure ci voleva una donna, Janet Yellen, Presidente della Fed di San Francisco e membro del board della Fed (FOMC) ad ammonire che il rischio più grande oggi non è l'inflazione ma la deflazione e sul perdurare di gravi rischi per l'economia, puntando il dito sulla domanda dei consumatori che non riparte e sul credit crunch che permane ancora.

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Monday, November 09, 2009

Quando il peggio è alle spalle

Stephen Quinn, vice presidente esecutivo e direttore dell'ufficio marketing della catena di negozi Wal-Mart, sul New York Times:

"Ci sono famiglie che alla fine del mese non mangiano e 'fanno letteralmente la coda a mezzanotte' fuori i negozi di Wal-Mart, in attesa di comprare del cibo non appena lo stipendio o l'assegno di sussidio del governo passa sui loro conti."

E pensare che c'è chi festeggia la ripresa, proprio chi la recessione non l'aveva nemmeno vista e fino ad oggi prevedeva che il tasso di disoccupazione arrivasse alle due cifre solo nel 2010! Purtoppo il destino dell'umanità, la Storia è maestra, è quello di andare sempre dietro ai suonatori di piffero.

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Letture consigliate
Occupazione, l'isola che non c'è
"Mentre gli ingegneri economici sussurrano mille ipotesi di una ripresa sostenuta da questo e quello, io vi ricordo che senza occupazione non vi sarà alcuna ripresa degna di questo nome."

Le cattive notizie nei dati Ocse
I dati pubblicati dall'Ocse dipingono un'immagine apparentemente molto positiva dello stato dell'economia italiana a questo punto della crisi. Ma l'indicatore mostra i punti di svolta del ciclo stimati con riferimento all'output gap, cioè alla deviazione del livello dell'attività economica dal livello consistente con il pieno impiego. Dunque, può migliorare semplicemente perché è peggiorata la stima degli effetti della crisi sulla crescita di medio periodo. E per l'Italia la caduta del tasso di crescita potenziale nel 2010 è più ampia rispetto ad altri paesi.

Il superindice
"Secondo i lanci di agenzia l’Italia è il Paese che mostra l’incremento maggiore su base annua. «Ci sono forti segnali di ripresa, basta vedere i dati dell’Ocse», ha detto subito al balzo il Presidente del Consiglio. Tremonti non si è trattenuto ed ha aggiunto: «Il tempo è stato galantuomo, ora dobbiamo insistere». “Italia al top“, scrivono Corriere e Repubblica, che aggiungono: «la nostra economia è quella che va meglio» e anche «Noi nella media europea». Delle due l’una. E’ al top o nella media?"

La baggianata del sorpasso della Gran Bretagna
Non c'è bisogno di spiegazioni: è tutto nel titolo.
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Saturday, November 07, 2009

Bonus cristiani

Leggo su Icebergfinanza:

... ho ascoltato in settimana un povero ragazzo, mi pare di Barclays, che raccontava al mondo intero che il profitto non è satanico e che il cristianesimo è compatibile con una giusta ricompensa. Sono d'accordo con la "santità del profitto", ma sarei curioso di osservare dentro in quale cruna dell'ago, il buon ragazzo di Barclays, pensa di far passare i bonus miliardari del sistema finanziario mondiale, per raggiungere il regno di Dio.


Ebbene non si trattava di un povero ragazzo qualsiasi ma addirittura di John Varley, chief executive di Barclays, che ha parlato in una chiesa di Trafalgar Square in Londra e che sembra sia persino riuscito a far passare un cammello nella cruna di un ago, davanti ai fedeli raccolti in preghiera, per dimostrare che i suoi bonus sono in linea con i precetti Cristiani. Qui tutta la storia con la contromossa di Goldman Sachs che non ha detto nulla sul proprio satanismo ma ha fatto riecheggiare parole evangeliche a difesa del suo buon nome dal pulpito della cattedrale di St.Paul, sempre a Londra, attraverso un suo consulente finanziario.

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G20 e banchieri, dubbio amletico

Come tradurreste "doom loop", con "circolo vizioso" o "spirale di morte"?

Dal Telegraph: Bank of England dichiara che i banchieri stanno alimentando un 'doom loop' dell'economia.

On the eve of the G20 meeting of finance ministers in Scotland, Andy Haldane, the Bank's executive director for financial stability warned that the relationship between the state and banks represents a "doom loop" which will keep inflicting crises on the public unless arrested.

The warning, which follows Governor Mervyn King's call for investment banks to be split from their high street wings, is the most radical yet from the Bank, and comes amid growing concern that the G20 has abandoned any plans for far-reaching reforms.
...
Mr Haldane, who was a key part of a Bank unit which was among the first to warn, well ahead of the crisis, of a dangerous gap between what banks had in their balance sheets and what they were lending customers ...

Alla vigilia della riunione del G20 dei ministri delle finanze, Andy Haldane, direttore esecutivo (per la stabilità finanziaria) della Banca d'Inghilterra, ha ammonito che il rapporto tra Stato e banche rappresenta un "doom loop", che continuerà ad infliggere crisi alla gente a meno che non venga fermato.

L'avvertimento, che segue il richiamo del governatore Mervyn King per una separazione delle banche di investimento dalle altre attività, è il più radicale, ancora da parte della Banca, e viene nel mezzo della crescente preoccupazione che il G20 abbia abbandonato tutti i grandi progetti di riforme.
...
Mr Haldane, che è stato un elemento chiave della Banca quando fu tra i primi ad avvertire, ben prima della crisi, di un pericoloso gap tra ciò che le banche avevano nei loro bilanci e ciò che davano in prestito ai clienti ...

Quel che certo è che, nonostante le buone intenzioni e i proclami, ben poco è stato fatto per riformare il sistema bancario, anzi, i governi e le banche centrali hanno alimentato i peggiori vizi del sistema attraverso fiumi di denaro a costo zero, finiti, la maggior parte, in quelle discariche di veleni tossici che sono diventate le borse mondiali, una bomba con il timer attivato ma di cui nessuno conosce l'ora fissata.

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Friday, November 06, 2009

Vieni avanti, cretino!

"Abbiamo sorpassato la Gran Bretagna". Sì, in retromarcia.

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L'insostenibile leggerezza della ripresa

Il superindice dell'economia Ocse, rileva "forti segnali di crescita in Italia, Francia, Regno Unito e Cina". Per quanto riguarda l'indice generale, l'aumento in settembre è stato di 1,3 punti a 100,6 punti e di 3,4 punti su base annuale. "Una ripresa e' chiaramente visibile negli Stati Uniti, in Giappone e nelle altre economie Ocse e nelle principali economie non Ocse". In Italia il miglioramento è stato pari a 1,3 punti su base mensile a quota 105,6 punti e a 10,8 punti su base annuale.

Ovviamente basta questo per far esultare il nostro premier secondo cui il peggio è alle spalle. Ma attenzione perchè nello stesso rapporto dell'OCSE è anche scritto che nonostante i segnali di espansione, nondimeno questi "dovrebbero essere interpretati con cautela perchè l'atteso miglioramento dell'attività economica, in relazione ai potenziali livelli a lungo termine, può essere in parte attribuito ad una diminuzione del livello potenziale a lungo termine stimato e non solo ad un miglioramento dell'attività economica in sè".

Prima di lasciarsi andare all'euforia dovremmo sempre tenere presente che il superindice misura le attese di sviluppo economico a sei mesi e non l'economia reale che spesso si incarica di smentire attese e previsioni. Come accaduto oggi per i dati sulla disoccupazione negli Stati Uniti diffusi dal Bureau of Labour Statistics. Gli occupati non agricoli negli Stati Uniti erano attesi in calo di 175.000 unità, invece a ottobre sono stati persi 190.000 posti e la disoccupazione è salita al 10,2% dal 9,9% previsto.

Ironia della sorte, quanti euforici economisti, governatori e capi di governo continuano a spargere ottimismo a piene mani convinti che il peggio è passato non rendendosi conto che questa non è una recessione come le altre e che una crescita guidata solo dagli stimoli e dal ciclo delle scorte e non da una ripresa degli investimenti privati e dei consumi è destinata a sgonfiarsi miseramente nei prossimi mesi!

Update: Sull'argomento non perdetevi Mario Seminerio

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Thursday, November 05, 2009

Il Paese dei Barbagianni

I governatori della Federal Open Market Committee, nella consueta due-giorni mensile, nonostante abbiano rilevato che l'attività economica degli Stati Uniti ha continuato a migliorare nell'arco dell'ultimo mese e che le spese delle famiglie appaiono ora in fase di espansione, hanno deciso di lasciare i tassi "su livelli eccezionalmente bassi per un periodo prolungato" perchè le prospettive dell'economia rimangono incerte.

"L'attività del mercato immobiliare è aumentata nel corso degli ultimi mesi" si legge nel comunicato pubblicato dalla Federal Reserve, "e le spese delle famiglie appaiono in espansione sebbene rimangano sotto pressione a causa dell'alta disoccupazione, della lenta crescita del reddito e della ristrettezza del credito". Sul fronte delle aziende, le imprese "stanno ancora riducendo gli investimenti fissi e l'occupazione, sebbene a ritmi più moderati mentre realizzano passi avanti nel processo di riduzione degli stock per renderli più in linea con le vendite".

Era quanto volevano sentirsi dire Wall Street e le borse europee che festeggiano anche oggi perchè in Ottobre invece degli attesi 540.000 nuovi disoccupati americani in più ce ne saranno "solo" 520.000, salvo le dovute rettifiche del prossimo mese. Tanto basta per continuare ad alimentare il ricco bottino di banche e grande finanza realizzato con i fiumi di liquidità iniettati nei mercati da banche centrali e governi e utilizzati non per sostenere l'economia reale e l'occupazione ma per scommettere su tutto quello su cui si può scommettere come prima della crisi e più di prima. Ma chi l' ha detto che il campo dei miracoli e il paese dei barbagianni esistono solo nel mondo delle favole?

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Wednesday, November 04, 2009

Attenti al bottino

Anche alla Banca Mondiale crescono le preoccupazioni che gli sforzi di governi e banche centrali al fine di sostenere la ripresa possano produrre un pericoloso effetto collaterale: bolle speculative nel settore immobiliare, nelle borse e nei mercati valutari, in particolare in Asia.

L'istituto internazionale proprio ieri ha lanciato l'allarme che la ricomparsa improvvisa di miliardi di dollari di investimenti in Asia orientale è fonte di "crescenti preoccupazioni su possibili nuove speculazioni sui prezzi" sui mercati azionari in Asia e nel settore immobiliare in Cina, Hong Kong, Singapore e Vietnam.

Anche il Fondo monetario internazionale sempre ieri aveva parlato di "un rischio": che l'impennata dei prezzi degli asset in Hong Kong siano guidati da un flusso di capitali "che prescinde dai valori fondamentali della domanda e dell'offerta".

Alla base della tendenza ci sarebbero "misure come il taglio dei tassi di interesse e l'immissione di denaro nel sistema finanziario, che hanno lasciato zone del mondo inondate di liquidità ed esposte al rischio di bolle o di impennate dei prezzi al di là di ciò che i fondamentali economici suggeriscono come ragionevoli".

Meglio tardi che mai, sebbene non si capisca perchè l'allarme non sia allargato a tutti i mercati azionari, visti i livelli di sopravalutazione raggiunti anche da tutte le borse europee e dal NYSE, con i rapporti fra prezzi delle azioni e utili schizzati a livelli inimmaginabili. Abbiamo già visto nei giorni scorsi che nell'indice S&P 500 di Wall Street questo rapporto è a quota 142. Ovvero l'azione viene trattata ad un prezzo pari a 142 volte gli utili, quando è ritenuto normale un rapporto pari a 13-15 volte. Per non parlare degli aumenti ingiustificati del petrolio e delle altre materie prime che non riguardano solo i mercati orientali.

Che la Banca Mondiale sia stata costretta a fare suo il vecchio detto "picchiare a nuora perchè suocera intenda" dando ragione a quanti la criticano perchè i suoi padroni, in fondo in fondo, rimangono pur sempre i pirati di Wall Street?

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Tuesday, November 03, 2009

La grande bolla

Toh, se n'è accorta anche la "grande" informazione:

[...] Dopo il grande tsunami di un anno fa, che ha quasi riportato il mondo ai tempi della Grande Depressione, doveva essere un'era di pentimento e cilicio, di ravvedimento e virtù, di regole stringenti e appetiti misurati. Castigate e imbrigliate, banche e finanziarie dovevano tornare all'umile compito di alimentare l'ordinato sviluppo dell'economia. Beh, riaprite gli occhi: di tutto questo non c'è traccia. Le regole non sono arrivate, i soldi - un fiume di soldi, sotto forma di prestiti, garanzie, tassi stracciati - sì. E la finanza da corsa ha ripreso il largo: i suoi uomini sono tornati a spartirsi un ricco bottino - sotto forma di bonus - e a puntare i soldi in cassa, negati a famiglie e imprese, su scommesse sempre più rischiose nei mercati. Il risultato è che, probabilmente, siamo seduti di nuovo su un'unica gigantesca bolla, che potrebbe esplodere in qualsiasi momento.

La madre di tutte le bolle: nel senso che, invece delle singole bolle (della casa, dei subprime, dei derivati, del credito, del petrolio) del passato appena trascorso, questa è un'unica bolla che le riassume tutte: la bolla del dollaro. Il fatto che sia una bolla al contrario (il dollaro scende) non deve trarre in inganno: è proprio la discesa del dollaro che gonfia, tutte insieme, le altre bolle.

Prendete il bilancio di una grande banca internazionale, come Barclays. Nel secondo trimestre, il settore prestiti alle famiglie ha visto i profitti ridursi del 61 per cento, quello commerciale del 42 per cento. Il ramo affari, Barclays Capital, li ha raddoppiati. Ancora una volta, l'esempio Goldman Sachs vale per tutti: quasi 14 miliardi di dollari di ricavi nel secondo trimestre. Due terzi di questi ricavi vengono dal settore "trading", cioè le transazioni/speculazioni, spesso condotte in proprio. Metà dal solo settore reddito fisso, materie prime, valute, cioè, in concreto, per la grande banca di Wall Street, petrolio e derivati. E' la controprova della frenetica attività dei mercati, dopo il grande gelo dell'autunno 2008.

[...] Anche le borse appaiono largamente sopravalutate. Andrew Smithers, un analista di borsa, ha calcolato che il rapporto fra prezzo dell'azione e utile dell'azienda che l'ha emessa è schizzato a livelli inimmaginabili. Nell'indice S&P 500 di Wall Street questo rapporto è a quota 142. Ovvero l'azione viene trattata ad un prezzo pari a 142 volte gli utili. Non solo è un record, ma quello precedente (47) è un terzo dell'attuale. Anche aggiustando il calcolo per l'attuale situazione di recessione, Smithers conclude che le azioni sono sopravalutate di circa il 40 per cento, rispetto alla media storica. [...]

L'articolo completo su Repubblica
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Monday, November 02, 2009

Notizie false e/o tendenziose

"Le borse europee nel pomeriggio accelerano al rialzo sulla scia di rassicuranti dati Usa, con le vendite di case in corso salite a sorpresa a settembre e l'indice Ism manifatturiero cresciuto a ottobre per il terzo mese consecutivo." (REUTERS)

In realtà le cose non stanno proprio così ma tutto fa brodo per chi vuole credere solo alle notizie che assecondino il rialzo di borsa in atto da più di 6 mesi e bruscamente interrottosi la scorsa settimana.

In the report, the ISM said that its production index moved to 63.3, from 55.7, while the new orders index, which points to future activity, hit 58.5, from 60.8 the month before. Inventories, the rebuilding of which has been a major driver of the recovery so far, contracted at a slower pace, at a reading of 46.9, from 42.5. (dal Wall Street Journal)

Se la mia lettura non è errata, l'incremento di Ottobre dell'attività manifatturiera, complessivamente, è modesto e l'indice dei nuovi ordini, che danno un'indicazione sul futuro delle attività, è addirittura diminuito di due punti rispetto al mese precedente, mentre è chiaro che la ricostituzione delle scorte di magazzino è il maggior motore di questa crescita, come detto già tante volte.

Per quanto riguarda invece la ripresa della spesa nelle nuove costruzioni in Settembre (più 0,8% rispetto ad Agosto) e il balzo del 6,1% dell'indice delle vendite in sospeso l'abbiamo detto in tutte le salse che il credito fiscale fino a 8 mila dollari previsto per l'acquisto di prima casa dal programma di incentivi governativi avrebbe spinto ad un super affollamento degli acquirenti nelle ultime settimane prima della scadenza del programma. Il fatto che il dato riguardante le nuove costruzioni commerciali sia negativo (meno 0,1%) non fa sorgere alcun sospetto sulla presunta stabilizzazione del settore immobiliare?

Per non parlare del giochino di sfornare dei dati salvo poi correggerli il mese successivo. Ad esempio la spesa in Agosto per nuove costruzioni è stata rivista oggi in diminuzione dello 0,1% mentre era stata data, un mese fa, in crescita dello 0,8%, guarda caso lo stesso valore positivo fornito questa mattina per il mese di Settembre!

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La madre di tutte le bolle

I soliti ottimisti continuano a ripetere che la tendenza dei mercati azionari è ancora al rialzo. Sembra di essere tornati ai giorni che precedettero l'inizio della tempesta perfetta, come se questa fragile ripresa non fosse dovuta solo ai fiumi di liquidità immessi nel sistema attraverso gli interventi dei governi e delle banche centrali.

E come allora, se non inascoltata, almeno attutita, si alza la voce del Dottor Doom, al secolo Nouriel Roubini. A quanto pare nulla è cambiato, salvo il fatto che siamo seduti su una bolla ancor più gigantesca, creata proprio da quegli interventi.

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Funerale con resurrezione

Come nelle attese, fallimento pilotato di CIT group, la quinta maggior bancarotta di sempre dopo quelle di Lehman Brothers, Washington Mutual, WorldCom e General Motors. A rimetterci, come sempre, i contribuenti americani che vedono così sfumare 2,3 miliardi di dollari già spesi dal governo nel vano tentativo di salvare la finanziaria che foraggia almeno un milione di piccole e medie imprese americane.

Contenti invece il 90% dei creditori del gruppo che hanno votato a favore del fallimento sotto la protezione del Capitolo 11 della legge fallimentare infiocchettato dentro un progetto di ristrutturazione secondo cui CIT dovrebbe risorgere più bella e generosa che pria entro la fine dell'anno, con un nuovo modello organizzativo, ma soprattutto con 10 miliardi di debito e 30 miliardi di bond cancellati. Gli obbligazionisti in cambio del vecchio riceveranno nuovo debito, gli azionisti ordinari invece rimarranno con un pugno di mosche.

Come direbbe Catalano, meglio l'ospedale che il cimitero, con buona pace del mercato e delle associazioni dei consumatori. Too smart to fail.

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