Chi si contenta gode?
Gli investitori hanno largamente respinto l'offerta del Santander, relativa al buy-back di titoli abs per un valore nominale di 16.5 miliardi di euro. La mega offerta ha raggiunto meno del 4 per cento del totale. Anche la maggior parte degli analisti si aspettava un'adesione bassissima.
La banca spagnola guidata da Emilio Botin aveva annunciato l'avvio del programma di riacquisto dei titoli il 24 agosto scorso. Si trattava di un'ulteriore mossa della banca per capitalizzare il ribasso dei prezzi sul mercato del debito. L'iniziativa riguardava 27 cartolarizzazioni emesse dall'istituto gran parte delle quali avente come sottostante mutui, crediti al consumo e prestiti commerciali, ad un prezzo scontato del 39 per cento.
Secondo il Financial Times "la scarsa adesione suggerisce che l'offerta era troppo bassa, vista la crescente fiducia nelle prospettive di crescita sia di Santander che dei prezzi di negoziazione dei titoli abs, difficili da valutare durante tutta la crisi finanziaria". Ora, scrive il quotidiano economico, "sebbene privato del capital gain previsto con il piano di riacquisto, è probabile che Santander descriva il risultato come una dimostrazione di fiducia degli investitori".
Sarà forse così, ma allora che necessità aveva Don Emilio di lanciare l'operazione di buy-back più grande della storia? Ci ha provato? Possibile che la banca considerata la più solida al mondo improvvisi un'operazione di tale portata senza conoscerne l'asito più scontato? O non è vero piuttosto che Don Emilio le sta provando tutte per raschiare il fondo del barile, fino ad arrivare a svendere anche parte dei suoi gioielli brasiliani?
Lo scrivevo già lo scorso luglio: "Non si può che concludere che Santander ha bisogno di questi soldi per puntellare il proprio capitale di garanzia e che viene fatto più per disperazione che per qualsiasi altro tipo di logica strategica. E se Santander, una delle più solide banche al mondo, è in cerca disperata di capitali, possiamo immaginare in quale stato siano le altre banche". E una conferma viene dalle voci che circolano in questi giorni sulla sottocapitalizzazione delle banche europee.
La banca spagnola guidata da Emilio Botin aveva annunciato l'avvio del programma di riacquisto dei titoli il 24 agosto scorso. Si trattava di un'ulteriore mossa della banca per capitalizzare il ribasso dei prezzi sul mercato del debito. L'iniziativa riguardava 27 cartolarizzazioni emesse dall'istituto gran parte delle quali avente come sottostante mutui, crediti al consumo e prestiti commerciali, ad un prezzo scontato del 39 per cento.
Secondo il Financial Times "la scarsa adesione suggerisce che l'offerta era troppo bassa, vista la crescente fiducia nelle prospettive di crescita sia di Santander che dei prezzi di negoziazione dei titoli abs, difficili da valutare durante tutta la crisi finanziaria". Ora, scrive il quotidiano economico, "sebbene privato del capital gain previsto con il piano di riacquisto, è probabile che Santander descriva il risultato come una dimostrazione di fiducia degli investitori".
Sarà forse così, ma allora che necessità aveva Don Emilio di lanciare l'operazione di buy-back più grande della storia? Ci ha provato? Possibile che la banca considerata la più solida al mondo improvvisi un'operazione di tale portata senza conoscerne l'asito più scontato? O non è vero piuttosto che Don Emilio le sta provando tutte per raschiare il fondo del barile, fino ad arrivare a svendere anche parte dei suoi gioielli brasiliani?
Lo scrivevo già lo scorso luglio: "Non si può che concludere che Santander ha bisogno di questi soldi per puntellare il proprio capitale di garanzia e che viene fatto più per disperazione che per qualsiasi altro tipo di logica strategica. E se Santander, una delle più solide banche al mondo, è in cerca disperata di capitali, possiamo immaginare in quale stato siano le altre banche". E una conferma viene dalle voci che circolano in questi giorni sulla sottocapitalizzazione delle banche europee.
Labels: banche, crisi finanziaria, emilio botin, santander
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