Citigroup, tanto rumore per nulla
I tentennamenti e le mezze misure di Obama e del suo Segretario del Tesoro nel formulare un piano efficace e definitivo per il salvataggio delle banche americane e di cui sto scrivendo da circa un mese (vedi tutti i post sull'argomento), insieme alla pesante revisione al ribasso delle stime sul Pil americano (-6,2%), hanno prodotto oggi l'ennesima depressione di Wall Street con Citigroup che ha aperto a meno 40 per cento.
Il tentativo di salvare Citi socializzando le perdite ma evitando la sua nazionalizzazione ha fatto uscire infatti dal cilindro dell'amministrazione americana il coniglio bianco di una semi-nazionalizzazione attraverso un accordo tra governo e Citi che prevede un'offerta di conversione in azioni ordinarie di 27.5 miliardi di dollari di azioni privilegiate vendute a privati investitori e contemporaneamente la conversione di 25 miliardi di dollari di azioni privilegiate attualmente in possesso del Tesoro in titoli ordinari con diritto di voto. E' quanto rivela il Wall Street Journal nella sua versione online.
La conversione, se pienamente eseguita, lascerà in mano al governo il 36% delle azioni della banca mentre l'attuale azionariato verrà diluito al 26% e i nuovi azionisti deterranno il restante 38%. Inoltre il governo chiede un rimpasto del consiglio d'amministrazione, in cui entreranno dei nuovi consiglieri indipendenti, cinque nuovi su quindici componenti, mentre il Chief Executive, Vikram Pandit, dovrebbe mantenere il suo incarico.
I termini dell'accordo sono particolarmente onerosi per tutte le parti, sia per i possessori di azioni ordinarie che vedono diluite le loro quote sia per i possessori delle privilegiate che le convertiranno in titoli ordinari più rischiosi. Non è che ci sia molta scelta, comunque. Citigroup come incentivo ad aderire sospenderà il pagamento del dividendo sulle azioni privilegiate e per convincere i possessori di azioni ordinarie ad un voto favorevole emetterà dei diritti a favore degli azionisti privilegiati aderenti alla conversione che permetteranno loro di comprare azioni ad un penny se gli azionisti non approvano l'accordo.
L'accordo comporta, inoltre, non poche difficoltà legali sia negli Usa sia a livello internazionale visto che Citigroup opera in 100 paesi nel mondo. La legge del Messico ad esempio impedisce a qualsiasi impresa controllata da un Governo straniero in misura superiore al 10% di operare nel paese. Numerose filiali di Citigroup nel mondo potrebbero ritrovarsi nella situazione di dover modificare le loro carte costitutive o quantomeno chiedere nuovi permessi ai governi ospitanti.
Alla fine di tutto questo guazzabuglio il risultato sarà, comunque, il salvataggio di Citigroup? Le cure palliative non guariscono mai le malattie e questa semi-nazionalizzazione rischia solo di essere una inutile ma costosa tappa prima della definitiva e ineluttabile nazionalizzazione. Ma allora potrebbe essere troppo tardi.
Il tentativo di salvare Citi socializzando le perdite ma evitando la sua nazionalizzazione ha fatto uscire infatti dal cilindro dell'amministrazione americana il coniglio bianco di una semi-nazionalizzazione attraverso un accordo tra governo e Citi che prevede un'offerta di conversione in azioni ordinarie di 27.5 miliardi di dollari di azioni privilegiate vendute a privati investitori e contemporaneamente la conversione di 25 miliardi di dollari di azioni privilegiate attualmente in possesso del Tesoro in titoli ordinari con diritto di voto. E' quanto rivela il Wall Street Journal nella sua versione online.
La conversione, se pienamente eseguita, lascerà in mano al governo il 36% delle azioni della banca mentre l'attuale azionariato verrà diluito al 26% e i nuovi azionisti deterranno il restante 38%. Inoltre il governo chiede un rimpasto del consiglio d'amministrazione, in cui entreranno dei nuovi consiglieri indipendenti, cinque nuovi su quindici componenti, mentre il Chief Executive, Vikram Pandit, dovrebbe mantenere il suo incarico.
I termini dell'accordo sono particolarmente onerosi per tutte le parti, sia per i possessori di azioni ordinarie che vedono diluite le loro quote sia per i possessori delle privilegiate che le convertiranno in titoli ordinari più rischiosi. Non è che ci sia molta scelta, comunque. Citigroup come incentivo ad aderire sospenderà il pagamento del dividendo sulle azioni privilegiate e per convincere i possessori di azioni ordinarie ad un voto favorevole emetterà dei diritti a favore degli azionisti privilegiati aderenti alla conversione che permetteranno loro di comprare azioni ad un penny se gli azionisti non approvano l'accordo.
L'accordo comporta, inoltre, non poche difficoltà legali sia negli Usa sia a livello internazionale visto che Citigroup opera in 100 paesi nel mondo. La legge del Messico ad esempio impedisce a qualsiasi impresa controllata da un Governo straniero in misura superiore al 10% di operare nel paese. Numerose filiali di Citigroup nel mondo potrebbero ritrovarsi nella situazione di dover modificare le loro carte costitutive o quantomeno chiedere nuovi permessi ai governi ospitanti.
Alla fine di tutto questo guazzabuglio il risultato sarà, comunque, il salvataggio di Citigroup? Le cure palliative non guariscono mai le malattie e questa semi-nazionalizzazione rischia solo di essere una inutile ma costosa tappa prima della definitiva e ineluttabile nazionalizzazione. Ma allora potrebbe essere troppo tardi.
Labels: Citigroup, geithner, nazionalizzazione, obama
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