Orizzonti di recessione
Come sottolinea Paul Krugman sembrano crescere le probabilità di cadere in una nuova recessione. L'ipotesi di trovarci di fronte a una "double dip recession" o ad una recessione a forma di W non va per la maggiore ma è quella che da tempo tutti i segnali, che mi sforzo di evidenziare un giorno sì e l'altro pure, ci dicono si stia minacciosamente profilando all'orizzonte.
Nonostante borse e mercati continuino ad alimentarsi di speranze e della liquidità immessa a fiumi nel cuore della crisi, ci sono molte ragioni che dovrebbero far riflettere sulla possibilità di una ricaduta. In primo luogo buona parte della crescita che abbiamo visto realizzarsi in questi mesi è dovuta ai programmi di stimolo messi in campo dai governi.
Nel motore del mercato senza la cui ripartenza non c'è speranza di ripresa per il resto del mondo industrializzato, quello degli Stati Uniti, lo stimolo ha già prodotto il suo massimo impatto sulla crescita del Prodotto Interno Lordo e raggiungerà l'apice dei suoi effetti sul livello del Pil a metà del prossimo anno e quindi comincerà ad affievolirsi, ci avverte Krugman.
In secondo luogo, la crescita della produzione manifatturiera è dovuta per larga parte, come ho sottolineato tante volte, alla ricostituzione delle scorte di magazzino e anche questo fattore è destinato a svanire nei prossimi trimestri. Due articoli pubblicati ieri sul Wall Street Journal descrivono bene questi segnali messaggeri di una nuova recessione.
Nel primo, intitolato Si profilano tagli occupazionali allo svanire dello stimolo, si parla delle società costruttrici di grandi vie di comunicazione che, dopo aver completato la maggior parte dei piccoli progetti finanziati dal pacchetto di stimoli economici messo in campo dal governo, stanno cominciando a veder fermarsi le proprie attività, un minaccioso presagio per il debole quadro occupazionale della nazione.
Nello stesso tempo sempre ieri l'Institute for Supply Management (ISM) ha dichiarato che l'indice dell'attività manifatturiera è sceso rispetto al precedente mese di ottobre, passando a novembre da 55.7 a 53.6, sebbene pur sempre al di sopra dei 50 punti che indicano espansione, ma suggerendo che la crescita della produzione sta già rallentando.
Anche Paul Krugman si direbbe più ottimista rispetto a questi segnali preoccupanti se ci fosse qualche indicazione di una sia pur tenue ripresa della domanda privata, dei consumi, degli investimenti produttivi, di qualunque cosa. Ma non c'è nulla che vada in questa direzione. Solo le borse sembrano impermeabili ai venti di tempesta. Ma si sà che proprio nell'occhio del ciclone regna la calma più perfetta.
Update: Thanks to EconomPic
Nonostante borse e mercati continuino ad alimentarsi di speranze e della liquidità immessa a fiumi nel cuore della crisi, ci sono molte ragioni che dovrebbero far riflettere sulla possibilità di una ricaduta. In primo luogo buona parte della crescita che abbiamo visto realizzarsi in questi mesi è dovuta ai programmi di stimolo messi in campo dai governi.
Nel motore del mercato senza la cui ripartenza non c'è speranza di ripresa per il resto del mondo industrializzato, quello degli Stati Uniti, lo stimolo ha già prodotto il suo massimo impatto sulla crescita del Prodotto Interno Lordo e raggiungerà l'apice dei suoi effetti sul livello del Pil a metà del prossimo anno e quindi comincerà ad affievolirsi, ci avverte Krugman.
In secondo luogo, la crescita della produzione manifatturiera è dovuta per larga parte, come ho sottolineato tante volte, alla ricostituzione delle scorte di magazzino e anche questo fattore è destinato a svanire nei prossimi trimestri. Due articoli pubblicati ieri sul Wall Street Journal descrivono bene questi segnali messaggeri di una nuova recessione.
Nel primo, intitolato Si profilano tagli occupazionali allo svanire dello stimolo, si parla delle società costruttrici di grandi vie di comunicazione che, dopo aver completato la maggior parte dei piccoli progetti finanziati dal pacchetto di stimoli economici messo in campo dal governo, stanno cominciando a veder fermarsi le proprie attività, un minaccioso presagio per il debole quadro occupazionale della nazione.
Highway-construction companies around the country, having completed the mostly small projects paid for by the federal economic-stimulus package, are starting to see their business run aground, an ominous sign for the nation’s weak employment picture.
Nello stesso tempo sempre ieri l'Institute for Supply Management (ISM) ha dichiarato che l'indice dell'attività manifatturiera è sceso rispetto al precedente mese di ottobre, passando a novembre da 55.7 a 53.6, sebbene pur sempre al di sopra dei 50 punti che indicano espansione, ma suggerendo che la crescita della produzione sta già rallentando.
Anche Paul Krugman si direbbe più ottimista rispetto a questi segnali preoccupanti se ci fosse qualche indicazione di una sia pur tenue ripresa della domanda privata, dei consumi, degli investimenti produttivi, di qualunque cosa. Ma non c'è nulla che vada in questa direzione. Solo le borse sembrano impermeabili ai venti di tempesta. Ma si sà che proprio nell'occhio del ciclone regna la calma più perfetta.
Update: Thanks to EconomPic
Labels: double-dip recession, Grande Recessione, ISM, paul krugman, scorte di magazzino, wall street journal
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